12 novembre 2015
Nel tardo pomeriggio di lunedì 26 ottobre, dopo una prima visita risalente all’undici settembre scorso, insieme al collega Edoardo Patriarca, Vice Presidente della Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti, sono tornato per un secondo sopralluogo al Centro temporaneo di accoglienza migranti di Lecco-Bione.
Con la visita dell’hub del Bione gestito dalla Fondazione “Progetto Arca Onlus” abbiamo voluto verificare le condizioni dei profughi, lo stato dei lavori riguardanti i nuovi container temporanei montati in sostituzione delle tende, nonché le normali attività di gestione, soprattutto per quanto riguarda il lavoro effettuato in sinergia con Questura e Prefettura. I entrambi i casi il giudizio è più che positivo. In particolare abbiamo constatato la celerità dei tempi con cui viene ora effettuato il processo di riconoscimento delle persone ospitate.
Altrettanto positivo è stato l’esito della tavola rotonda, organizzata la sera stessa a Montevecchia in collaborazione con il Sindaco, Sandro Capra. Tra i relatori dell’incontro – che ha visto un grande partecipazione della cittadinanza – oltre al Vice Presidente Patriarca, anche Costantina Regazzo, direttore dei servizi della Fondazione “Progetto Arca Onlus”.
Molti profughi non vogliono essere identificati in Italia poiché il loro desiderio è quello di raggiungere altre destinazioni e, nonostante la spesa sostenuta finora sia rilevante – quasi un miliardo di euro annui, in parte derivanti da fondi comunitari – l’Europa ha finalmente compreso come il fenomeno dell’immigrazione, con le sue enormi tragedie, non interessi solo ed esclusivamente il Mediterraneo.
Dei soldi che spendiamo circa il 56% va ai centri di accoglienza, il 26% viene utilizzato per i salvataggi in mare e il restante 18% è destinato alla salute e alla sicurezza dei migranti. Certo, è necessario lavorare per riorganizzarci e ripensare la distribuzione territoriale dei profughi, legando inoltre la spinta solidaristica alla percezione della sicurezza e, allo scopo di impedire che crescano preoccupazione e paure, è necessaria ora una normativa chiara e rigida.
Resta infine da definire il sistema migliore per ridurre drasticamente i tempi di attesa tra la richiesta di asilo e la data della convocazione per l’esame della Commissione preposta. Deve poi essere precisata la normativa che permette ai profughi di prestare attività di pubblica utilità e di stare quindi a contatto con la collettività, inserendosi così più facilmente nel tessuto sociale delle diverse comunità ospitanti.