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20 / 21 settembre 2020 Referendum costituzionale: una riflessione in dieci punti

17 settembre 2020

Domenica e lunedì prossimo si voterà per il referendum costituzionale sulla riduzione del numero di parlamentari di Camera e Senato e, come spesso accade in una materia assai delicata come quella costituzionale, ci sono espressioni di voto molto trasversali alle diverse forze politiche.
Lungi da me voler insistere con  i classici inviti al voto. Credo però sia doveroso, per un deputato che ha partecipato alle fase di approvazione della riforma in Parlamento, evidenziare non solo quello che sancisce il dettato normativo ma anche quello che la riforma stessa possa far presagire per un riassetto più complessivo degli organi costituzionali. Lo farò con una riflessione in dieci punti attraverso domande e risposte puntuali che vi riporto di seguito:

1 – Quale potrebbe essere il sotto titolo al referendum e quali differenze dai precedenti?
La prefazione. Diversamente dal passato, dove il voto confermativo rappresentava l’epilogo della riforma costituzionale, oggi rappresenta il riavvio di una stagione di riforme.

2 – Ma le regole sono sempre le stesse?
Quelle costituzionali sì. L’articolo 138 è vigente nella sua originaria stesura, gli indirizzi attuativi no. Il governo giallo-verde e i Presidenti di Camera e Senato hanno condiviso il principio di accogliere solo riforme puntuali – definite “chirurgiche” – quindi non come in passato un’unica legge di riforma costituzionale organica, quest’ultima possibile solo con la presentazione di più disegni di legge.

3 – Qual è il fondamento, la motivazione politica di questo cambiamento? Il Pd ha condiviso questa scelta?
Il mancato successo delle riforme organiche, in particolare le ultime del 2006 e del 2016. Noi del PD non l’abbiamo comunque condivisa, ne sono la riprova gli emendamenti presentati e mai discussi, perché resi inammissibili dalle presidenze di Camera e Senato.

4 – Cosa è cambiato con il governo giallorosso?
Abbiamo chiesto e ottenuto, pur con oggettive diverse tempistiche visto che alcune leggi avevano un  iter più avanzato, di affiancare altre riforme puntuali, a completamento del nuovo disegno costituzionale.

5 – Per esempio?
Modifica dell’elettorato attivo, non solo per garantire l’espressione del voto giovanile alle elezioni del Senato, ma per correggere l’annosa criticità che, a due basi elettorali parzialmente diverse, corrispondevano maggioranze differenti tanto da rendere instabile il rapporto parlamento-fiducia-governo. Per dare ancora maggiori garanzie sul superamento di questa disomogeneità dei risultati elettorali tra le due camere, è stata promossa un’ulteriore modifica sulle modalità elettive della Camera e Senato, sopprimendo la differente elezione al Senato su base regionale.

6 – Il taglio è legge il 22 settembre, il resto?
Verissimo e, come dicevo sopra, c’è un oggettivo sfasamento temporale ma resta il fatto che le altre leggi non sono nel cassetto ma stanno proseguendo speditamente il loro iter. La riforma inerente l’elettorato attivo (voto ai 18 enni) ha concluso le prime due letture (conformi) e non è più emendabile ma può essere solo approvata e bocciata con le due ultime letture alla Camera e Senato. La riforma in discussione alla Camera – ovvero la modifica dell’elezione su base regionale al Senato e funzione della seduta comune tra deputati e senatori – è in calendario a inizio ottobre e potrebbe chiudere il primo passaggio al Senato entro fine anno.

7 – Date previste ma nessuna certezza?
Una certezza c’è, il completamento della riforma non sarà una scelta ma una necessità per un Parlamento funzionante ed efficace. Faccio degli esempi: oltre alle sopraindicata leggi di modifica è molto complicato credere che, alla riduzione dei parlamentari non si accompagnino altre modifiche del funzionamento delle camere come l’accorpamento del numero di commissioni. Impensabile che 200 senatori di dividano in 14 commissioni. Oppure spingere per un implicito superamento del bicameralismo perfetto attraverso l’introduzione di maggiori funzione della seduta comune tra deputati e senatori (ad esempio per l’approvazione della legge di bilancio, la sfiducia costruttiva).

8 – Altri possibili effetti sul rapporto Parlamento – Governo?
Come accennavo sopra, altro effetto indotto dalla riforma sarà una maggiore distinzione e, io aggiungo, rispetto per i diversi ruoli tra il legislativo ed l’esecutivo che potrà portare ad una sorta di incompatibilità tra il parlamentare i il membro di governo. Diversamente, sarebbe alquanto difficile garantire la presenza nell’ordinaria attività legislativa e gli impegni di governo.

9 – E la rappresentanza dei territori più piccoli?
Questa è la vera criticità e differenza rispetto alla riforma del 2016, nella quale una camera diventava rappresentativa delle autonomie e l’altra, mantenendo i suoi componenti, garantiva la rappresentanza di tutti i territori. Per ovviare alla diminuzione sarà necessario un correttivo alla legge elettorale in grado di dare maggiore autorevolezza agli eletti con una espressione più diretta della volontà popolare.

10 – Quindi sì?
Pur con il massimo rispetto delle diverse posizioni, per me il sì rappresenta una scelta di coerenza rispetto al voto finale alla Camera – al netto dell’accordo politico di governo – che ha visto il voto favorevole della quasi totalità dei rappresentanti del popolo. Nella veste di cittadino oggi rinnegare quell’espressione sarebbe alquanto contraddittorio.